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La bonifica dei siti contaminati è un'attività di servizio pubblico?



L’attività di messa in sicurezza e di bonifica di un sito inquinato di interesse nazionale (attraverso l’emunzione delle acque di falda sottostanti l’area industriale) rientra fra quelle in materia di attività obbligatoria ex lege (al ricorrere di determinati presupposti di fatto): pertanto, è disciplinata da fonti di rango primario, è svolta (anche) a favore di una collettività indeterminata di beneficiari (gli abitanti della zona inquinata), mira al perseguimento di un interesse pubblico (alla salubrità ambientale e al ripristino del bene-interesse leso dagli inquinamenti) e, infine, consiste in attività produttiva e di rilievo economico, con conseguente indubbia qualificabilità come servizio pubblico.

Per identificare giuridicamente un servizio pubblico, non è indispensabile, a livello soggettivo, la natura pubblica del gestore, mentre è necessaria la vigenza di una norma legislativa che, alternativamente, ne preveda l’obbligatoria istituzione e la relativa disciplina oppure che ne rimetta l’istituzione e l’organizzazione all’Amministrazione. Oltre alla natura pubblica delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di servizio pubblico e alla doverosità del loro svolgimento, è ancora necessario, nella prospettiva di un’accezione oggettiva della nozione, che le suddette attività presentino un carattere economico e produttivo (e solo eventualmente costituiscano anche esercizio di funzioni amministrative), e che le utilità da esse derivanti siano dirette a vantaggio di una collettività, più o meno ampia, di utenti (in caso di servizi divisibili) o comunque di terzi beneficiari (in caso di servizi indivisibili).

Nemmeno la circostanza, che per le attività in esame non sia prevista l’erogazione di un corrispettivo da parte dei beneficiari (come è invece proprio di un’usuale attività di depurazione), è idonea a inficiare i riferiti connotati dell’attività quale attività di servizio pubblico, in quanto, per un verso, la previsione di un corrispettivo (così come di un profitto del gestore del servizio) non è essenziale sul piano della qualificazione giuridica delle attività di servizio pubblico e, per altro verso, da un punto di vista strettamente economico, l’utilità dei soggetti tenuti alla messa in sicurezza e alla bonifica di siti inquinati è, in una visione complessiva, all’evidenza rappresentata dal vantaggio che i medesimi (o i loro danti causa) abbiano conseguito precedentemente attraverso l’esternalizzazione dei costi (le diseconomie da inquinamento trasferite all’esterno dell’impresa e accollate al pubblico) relativi a oneri del processo produttivo (ossia quelli connessi al corretto smaltimento degli agenti inquinanti) che - come rimanda il principio generale “chi inquina paga” - sarebbero dovuti restare ab origine a carico delle stesse imprese inquinatrici: sicché alcuni di detti costi attraverso le procedure di bonifica e messa in sicurezza vengono nuovamente internalizzati (peraltro, verosimilmente in misura inferiore al vantaggio ottenuto dalle imprese obbligate, non essendo integralmente risarciti i danni, individuali e collettivi, alla salute medio tempore verificatisi).(Nel caso di specie, il Collegio, dopo aver ricondotto l’oggetto del contendere nell’alveo dei servizi pubblici, ha sottolineato che, di conseguenza, all’impugnazione dei provvedimenti relativi all’esecuzione dei servizi si devono applicare le regole speciali, segnatamente sui termini processuali, dettate dall’art. 23-bis l. 6 dicembre 1971, n. 1034, posto che la lett. c) della disposizione – nella formulazione rilevante ratione temporis– si riferisce genericamente all’esecuzione di servizi pubblici e non solo ai servizi pubblici oggetto di appalti affidati con procedure di gara).


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