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Mediazione conflitti ambientaliSintesi essenziale dei risultati dei questionari relativi al progetto sperimentale sulla mediazione dei conflitti ambientali, promosso dalla Camera Arbitrale di Milano, che coinvolge anche il Tribunale di Milano e il TAR Lombardia Questionari in materia di mediazione ambientale Sintesi essenziale dei risultati L’Associazione Giuristi Ambientali ha diffuso - inviandoli ad oltre 50 giuristi, esperti della materia - i questionari elaborati, rispettivamente, dalla Prof. Avv. Daniela D’Adamo (Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Bergamo) e dal Gruppo Mediatori (mediazione ambientale) della Camera Arbitrale di Milano. Da una prima valutazione dei risultati dell’indagine, emergono i seguenti spunti di riflessione e osservazioni e qui si sintetizzano per macro-argomenti. Cause Appare interessante la sottolineatura della doppia anima del conflitto ambientale come conflitto “fisiologico” e “patologico”. Da un lato, evitare del tutto qualsiasi conflitto ambientale presupporrebbe l’esistenza di un sistema istituzionale autoritario e di un’economia pianificata (che si limiterebbero, peraltro, a sopprimere le manifestazioni del conflitto ma non le sue cause): si tratta di uno scenario irrealistico (e certamente poco auspicabile). Dall’altro, si è evidenziato come esista nel nostro Paese una “crisi di sistema” che deriva: - dall’assenza di una (invece necessaria) fase di identificazione dei vincoli, delle opportunità, dei rischi e trade-offs di ogni proposta di utilizzo di risorse ambientali (per definizione scarse). Far emergere la “conoscenza dispersa nel tessuto socio-economico” prima della nascita del conflitto ambientale potrebbe agevolare, invece, la costruzione di un percorso in esito al quale poter costruire soluzioni “win-to-win”, - dalla diffusa scarsa fiducia nella capacità, se non addirittura volontà, della P.A. di fungere realmente da luogo di contemperamento degli interessi: tale pervasiva sfiducia genera il meccanismo secondo il quale il conflitto si sposta “fuori dal sistema” sia relativamente alle tematiche di pianificazione territoriale (di natura prettamente politica) sia quando il conflitto ha ad oggetto scelte prettamente amministrative (valutazione degli interessi in gioco, ai fini del rilascio e della modulazione delle autorizzazioni, in capo alle imprese che producono significativi impatti ambientali). Alle radici della (ritenuta) inaffidabilità dei criteri di decisione dei pubblici poteri, molti esperti ravvisano anche la scarsa preparazione (tecnica e giuridica) degli interlocutori, cui è affidata la ponderazione e la rappresentazione dei valori e degli interessi in gioco (P.A. ma anche esponenti del mondo associazionistico di tutela ambientale). Peraltro, un Associato evidenzia che la scarsa competenze tecnica in materia affligge anche le sedi giurisdizionali, ancora prive di sezioni specializzate nella materia “ambiente” (con conseguenze di rilievo anche nella risoluzione di natura contenziosa delle controversie). Gestione del conflitto ambientale Secondo un’opinione condivisa nella gestione dei conflitti ambientali sono altrettanto rilevanti gli aspetti di natura tecnica (giuridici, ingegneristici, chimici, biologici, epidemiologici ecc.) e quelli di natura comunicativa (ai primi intrecciati), posto che il confronto (guidato) tra i protagonisti della mediazione (in primis, imprese e collettività di riferimento) dovrebbe essere facilitato dal Mediatore e consentire la partecipazione (in tempi certi, ma modulati in base alla complessità della problematica) di un ampio novero di soggetti per poter condurre a soluzioni compromissorie, ma comprese e, poi, condivise. Si offrono come spunto di riflessione, per evitare il conflitto ambientale, il disegno di legge regionale Puglia sulla partecipazione ai processi di trasformazione del territorio (sul modello francese di debat public), in corso di approvazione e l’adozione di formule partecipative sul modello dell’inchiesta pubblica nord-europea (partecipazione esterna ed interna alla procedura) Luogo In tema le posizioni si dividono, alcuni giuristi ritenendo che la sede più opportuna per lo svolgimento della procedura di mediazione dovrebbe comunque essere la sede dell’ente pubblico (così riconducendo a quest’ultimo la natura, in qualche modo, comunque di garante della terzietà delle decisioni) e chi – invece – ritiene che sarebbero più opportune altre sedi (come gli Studi professionali dei Mediatori), sottolineando anche che sia “da escludere la possibilità di rivolgersi alle amministrazioni pubbliche nella loro attuale configurazione”. Tra le proposte Varie le proposte interessanti formulate. Tra le altre, si menzionano quelle - di introdurre meccanismi “per incentivare e motivare i partecipanti a cooperare al procedimento” - di “prevedere forme di monitoraggio sull’applicazione delle decisioni adottate in sede di mediazione” - di intensificare l’informazione (preventiva del conflitto) sulle tecnologie disponibili in tema di performance ambientali ed intensificare forme di comunicazione aziendale all’estero. |
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