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Bonifica dei siti di interesse nazionale



In materia di bonifica dei siti contaminati, nel caso in cui un soggetto intenda avvalersi della facoltà di cui all’art. 265 d.lgs. n. 152/06 – rimodulazione degli obiettivi di bonifica, in relazione alla diversa metodologia, fondata sul progressivo superamento delle soglie di contaminazione e di rischio, per dare luogo alla procedura di bonifica l’Amministrazione non è obbligata a disporre varianti, se nella sua discrezionalità non le ritiene comunque conformi agli obiettivi prefissati, ma deve pur sempre considerare la richiesta da parte del privato interessato ed eventualmente motivare sulle ragioni del diniego.

(Nel caso di specie, il Collegio ha rilevato che nulla di tutto ciò è avvenuto, perché l’Amministrazione non aveva considerato la rimodulazione in questione, facendo solo riferimento all’istruttoria espletata nella vigenza della precedente normativa di cui al d.lgs. n. 22/97 e senza disporre alcun contraddittorio sul punto).

In materia tecnico-ambientale sussiste la discrezionalità di giudizio da parte della p.a. davanti alla quale la delibazione del giudice amministrativo si arresta; tuttavia è altrettanto vero che tale sindacato può comunque sempre esercitarsi nelle ipotesi di contraddittorietà ed illogicità manifesta, dovendo comunque sempre le decisioni della p.a. sostanziarsi come adeguatamente motivate, corrette, ragionevoli, proporzionate e attendibili, anche qualora si dia luogo all’applicazione della c.d. “discrezionalità tecnica”.

(Nella specie, il Collegio ha sottolineato che l’approfondita illustrazione delle ragioni a sostegno della migliore efficacia del confinamento fisico di cui alla memoria dell’Amministrazione dovevano essere a suo tempo inserite nella motivazione delle prescrizioni relative, ma non possono essere una forma integrativa di tale motivazione per la prima volta rappresentata in sede giurisdizionale e senza contraddittorio).

L’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la competenza per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, ove abbiano ad oggetto i siti di interesse nazionale, “alla competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio”: una simile espressione può reputarsi atecnica, erronea o comunque non voluta e casuale, poiché essa si inserisce in una disposizione (l’art. 252 cit.) in cui, quando ci si vuole riferire alle competenze del Ministro dell’Ambiente, lo si dispone espressamente, stabilendo che l’atto compete al ‘Ministro’ e non al ‘Ministero’…E se l’attribuzione delle relative competenze al Ministero (e non al Ministro, salve le tassative eccezioni) vale per gli atti del procedimento di bonifica, a fortiori essa deve valere per il decreto gravato, considerato il suo situarsi nella fase dell’intervento di messa in sicurezza d’emergenza: fase prodromica rispetto alla vera e propria bonifica e, comunque, non in grado di determinare il definitivo riassetto del sito (cfr. art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 152 cit.). Gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo. Ciò, in base al generale principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione, che presiede l’organizzazione ed il funzionamento delle P.A., alla luce anche dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale le attribuzioni dei dirigenti possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.

In campo ambientale la p.a. – in base al c.d. “principio di precauzione” di origine comunitaria – può adottare provvedimenti ritenuti necessari laddove si paventi il rischio di una lesione ad un interesse tutelato, anche in mancanza di un rischio concretamente accertato; tuttavia, è altrettanto necessario che tale principio si armonizzi con quello delle “proporzionalità”, consistente nel dovere della stessa p.a. di adottare soluzioni idonee comportanti il minor sacrificio possibile per gli interessati senza poter imporre, con atti amministrativi o legislativi, obblighi o restrizioni alle libertà (anche economiche) dei cittadini, tutelate come tali dal diritto comunitario, in misura superiore, quindi sproporzionata, a quella strettamente necessaria per il pubblico interesse in presenza e disponibilità di altri strumenti ugualmente efficaci ma meno negativamente incidenti Non sussiste, in sostanza, la prevalenza dell’un principio sull’altro ma si deve ricercare un loro equilibrato bilanciamento in relazione agli interessi pubblici e privati in considerazione.

(Nel caso di specie il Collegio, anche sotto tale profilo, ha riscontrato la carenza motivazionale invocata dalla ricorrente Amministrazione, che non ha specificato per quale ragione, in presenza di un sottofondo istruttorio ancora tutto da approfondire, abbia inteso imporre ugualmente una misura più volte contestata dall’interessata come iniqua e sproporzionata e senza illustrare per quale motivo non poteva attendere i pur richiesti approfondimenti istruttori in ordine all’efficacia del sistema idraulico già installato che aveva comunque portato alla rimozione degli idrocarburi sversati).



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