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Biomasse da filiera corta

TAR di Lecce

Il silenzio assenso, ai sensi dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990, matura sì in caso di infruttuosa scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento, ma a condizione che l’amministrazione procedente non abbia provveduto a indire una conferenza di servizi tra le amministrazioni tenute ad esprimersi sul progetto, e ciò anche in ossequio al principio per cui non possono cumularsi due istituti di semplificazione (nell’ordine, silenzio assenso e conferenza di servizi).

(Nel caso di specie, la Conferenza era stata pienamente attivata, con ogni conseguenza in ordine alla inapplicabilità del predetto istituto del silenzio assenso).

Il procedimento per la realizzazione di impianti di energia rinnovabile, o comunque l’esito favorevole dell’istanza, non può essere in alcun modo condizionato da qualsivoglia atto di assenso o di gradimento da parte dei comuni il cui territorio è interessato dal progetto. In altre parole non si può ritenere indispensabile a tal fine la deliberazione favorevole del Consiglio comunale (T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 22 dicembre 2009, n. 1343; Corte cost., 1° aprile 2010, n. 124).

(Nella fattispecie, il Collegio ha sottolineato che, in assenza di una efficacia condizionante di tale eventuale deliberazione, può dunque ritenersi pacificamente applicabile l’art. 14-ter, comma 7, della legge n. 241 del 1990, a norma del quale “si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione … il cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata”).

Se da un lato le disposizioni di cui alla legge regionale n. 31 del 2008 si applicano in via generale per le procedure riguardanti impianti di energie rinnovabili le cui conferenze non siano ancora formalmente concluse, per gli impianti a biomassa – e in particolare per quanto attiene al modello della “filiera corta” – vige dall’altro lato un regime transitorio a sé stante (si veda l’inciso contenuto nel citato art. 7, comma 1: “fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 5”) che trova applicazione anche nel caso in cui il procedimento in conferenza di servizi si sia favorevolmente concluso: ed infatti il generale divieto di installazione in area agricola non si applica, in prima battuta: a) qualora i progetti siano stati presentati prima della entrata in vigore della legge regionale n. 31 del 2008; b) qualora l’esito positivo della conferenza di servizi venga ratificato dal consiglio comunale.

(Nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato che a regime, ossia per i progetti presentati dopo l’entrata in vigore della legge, troverà invece integrale applicazione il divieto di cui al comma 4 dell’art. 2, ossia l’impossibilità di allocare siffatti impianti in zona agricola, salvo che non ricorrano i requisiti della “filiera corta”, ovverosia l’approvvigionamento in misura non inferiore al 40% nel raggio di 70 km dall’impianto. Quindi, ha affermato che se, dal un lato, è ben vero per un verso che l’impianto di che trattasi sarebbe senz’altro ricaduto nel regime transitorio (e dunque con necessità di ratifica del consiglio comunale), dall’altro è altrettanto vero che nulla vietava alla società controinteressata di rinunziare a tale disciplina di favore e di optare per una disciplina più rigorosa quale è quella della “filiera corta”. Di conseguenza, correttamente l’amministrazione regionale ha ritenuto di riaprire la conferenza di servizi, in funzione di verifica, onde valutare la (sola) sussistenza dei prescritti requisiti per la “filiera corta”, senza che a ciò potesse ostare la mancanza di una espressa previsione legislativa in tal senso).


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