Home Associazione Links Contatti
     
Editoriale Dottrina Giurisprudenza Convegni Segnalazioni
Cerca:

Segnala questo articolo Versione Stampabile Scaricare File

Realizzazione di una centrale a biomasse, legittimazione ad agire e criterio della "vicinitas"

TAR di Torino

In materia di minacce alla salute pubblica o all’ambiente, va riconosciuta in linea di principio l’esigenza di autonoma protezione delle persone che vivono nell’area interessata dalla fonte di pericolo: tuttavia, in una giurisdizione di tipo soggettivo e in mancanza di un’espressa previsione di azione popolare, occorre individuare un criterio atto a differenziare e qualificare la posizione dei singoli che agiscono per la tutela del bene ambiente. A tale riguardo, da tempo è stato valorizzato il criterio della vicinitas, che non coincide con la proprietà o con la residenza in un’area immediatamente confinante con quella interessata dall’intervento contestato, ma deve essere inteso in senso elastico e va modulato, quindi, in proporzione alla rilevanza dell’intervento e alla sua capacità di incidere sulla qualità della vita dei soggetti che risiedono in un’area più o meno vasta. Ciò comporta, in concreto, che la “misura” della legittimazione ad agire dei singoli in materia ambientale non sia univoca, variando in relazione all’ampiezza dell’area coinvolta dalla ipotizzata minaccia ambientale.

(Nella specie, il Collegio ha evidenziato che non poteva essere negata la legittimazione dei ricorrenti che hanno agito come persone fisiche, essendo a tal fine sufficiente constatare il fatto, non contestato, che essi risiedevano nel piccolo Comune ove era destinata a sorgere la nuova centrale termoelettrica alimentata a biomasse, nelle immediate vicinanze del sito a tal fine individuato, ed avevano, quindi, un collegamento stabile con la dimensione territoriale di incidenza del potenziale danno all’ambiente indotto da tale intervento. Inoltre, gli esponenti non si sono limitati ad allegare l’esistenza di uno stabile collegamento territoriale con l’area interessata dal contestato intervento, ma hanno anche rappresentato gli effetti nocivi determinati dalla realizzazione e dall’esercizio della centrale che, secondo la loro prospettazione, erano idonei a cagionare un serio pregiudizio alla salute).

La grave situazione di contaminazione di un fabbricato pacificamente dismesso dalla precedente attività produttiva impone (anche in applicazione del principio comunitario di precauzione, direttamente cogente per tutte le amministrazioni pubbliche) l’effettuazione di preliminari indagini e la conseguente adozione di tutte le necessarie misure di risanamento atte a prevenire i pericoli per l’ambiente e la salute pubblica legati al riutilizzo di tale struttura.

(Nel caso di specie, il Collegio ha accolto il ricorso nella parte in cui i ricorrenti hanno dimostrato che il capannone industriale che avrebbe ospitato la centrale termoelettrica presentava una copertura in eternit e tale materiale sarebbe presente anche nelle pareti esterne dell’immobile. Una circostanza che avrebbe comportato la violazione dell’art. 6 della legge regione Piemonte 7 aprile 2000, n. 42, in forza del quale il riutilizzo di aree industriali dismesse è subordinato all’accertamento dell’insussistenza di fattori di rischio o di nocività).


Segnala questo articolo Versione Stampabile Scaricare File

Associazione Giuristi Ambientali
tel. 06/87133093 - 06/87133080
Informativa privacy
powered By Diadema Sinergie