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Legittimazione ad agire in materia di FER

TAR di Firenze

Nel processo amministrativo l'intervento ad adiuvandum, la cui finalità è sostenere le ragioni del ricorrente, è ammissibile se ed in quanto l'interveniente risulti titolare di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall'accoglimento del ricorso (Cons. Stato, Sez. IV, 8 giugno 2010, n. 3589; Sez. V, 3 dicembre 2009, n. 7589). È, invece, inammissibile l'intervento ad adiuvandum spiegato da un soggetto ex se legittimato a proporre il ricorso in via principale, in quanto in tale ipotesi l'interveniente non fa valere, come è tipico per l'istituto dell'intervento, un interesse di mero fatto, bensì un interesse personale all'impugnazione dell'atto gravato in via principale, immediatamente lesivo della sua posizione giuridica e, come tale, direttamente impugnabile nei prescritti termini di decadenza (Cons. Stato, Sez. V, 8 marzo 2011, n. 1445; TAR Lazio, Sez. II, 2 febbraio 2010, n. 1413).

(Nella fattispecie, il Collegio ha evidenziato che essendo possibile che ciascuno degli intervenienti in astratto avesse un titolo di legittimazione a proporre autonomamente ricorso, ma non essendo possibile verificare in concreto la posizione di ognuno di essi data la genericità della posizione assunta nel processo, l’intervento doveva essere dichiarato inammissibile).

I soggetti residenti in prossimità della località nella quale si intende realizzare un impianto di consistenti dimensioni preposto alla produzione di energia elettrica, ed alimentato da combustibili che sono potenzialmente suscettibili di incidere negativamente sulla qualità dell’ambiente, sono legittimati ad impugnare l'atto autorizzativo dell'impianto suddetto, attesa la sussistenza di un loro collegamento stabile con la zona interessata alla realizzazione dell'opera (Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657) Né tale legittimazione può essere subordinata alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità dell'impianto, dovendo reputarsi sufficiente la prospettazione delle temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze della centrale da realizzare (Cons. Stato sez. VI, 15 ottobre 2001, n. 5411; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 23 febbraio 2010, n. 588). Peraltro, l’interesse di colui che, in una situazione di vicinitas all’impianto autorizzato, propone ricorso può riguardare anche aspetti diversi dalla tutela ambientale atteggiandosi differentemente in relazione al bene della vita che si intende proteggere attraverso l’azione giurisdizionale. Si è perciò ritenuto che anche eterogenei interessi quali l’incompatibilità della struttura con gli insediamenti preesistenti dal punto di vista urbanistico o commerciale possa radicare la legittimazione dei soggetti ricorrenti in relazione al pregiudizio economico temuto (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 23 febbraio 2010, n. 588). E d’altro canto, analogamente, per quanto attiene alla possibilità di contestazione di titoli edilizi, si è ribadito che il proprietario o il possessore dell'immobile o il semplice residente o domiciliato nella zona interessata è legittimato a ricorrere in ragione di tale stabile collegamento, idoneo a radicare una posizione d'interesse, differenziata rispetto a quella posseduta dal "quisque de populo", all'impugnazione di una concessione edilizia, a prescindere da ogni indagine sulla sussistenza di un ulteriore specifico interesse (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2011, n. 1645; id. 30 novembre 2009, n. 7491; id., V, 7 maggio 2008, n. 2086). Con riferimento agli impianti per la produzione di energia si è ritenuto che l’interesse personale, attuale e concreto ad impugnare l’autorizzazione unica è ravvisabile in capo al proprietario frontista all’area in cui è autorizzata la realizzazione dell’impianto stesso, attesa la potenziale incidenza negativa che la vicinanza dell’impianto comporta anche sul valore commerciale dei beni immobili (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. II, 25 giugno 2007, n. 939).

(Nel caso di specie, la società ricorrente ha evidenziato, in relazione al suo interesse ad agire, che le caratteristiche dell’attività produttiva svolta richiedono che essa si svolga in un contesto ambientale privo di possibili fonti di contaminazione trattandosi, come fatto cenno in narrativa, di prodotti monouso destinati all’utilizzo alimentare ed igienico la cui sterilità potrebbe, in astratto, risultare compromessa dalle emissioni prodotte dall’impianto di cui si contesta la realizzazione).

Il modulo procedimentale della conferenza di servizi non altera le regole che presiedono, in via ordinaria, all'individuazione delle Autorità resistenti, sotto il profilo della soggettiva imputabilità degli atti adottati (in termini, ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 2 maggio 2007, n. 1920; Cons. Stato, Sez. IV, 3 maggio 2005, n. 2107; T.A.R. Lazio, Latina, 29 marzo 2006, n. 212). In altri termini, la notifica è necessaria solo nei confronti di quelle Autorità amministrative, tra quelle partecipanti, che mediante lo strumento della conferenza di servizi abbiano adottato un atto a rilevanza esoprocedimentale lesivo della sfera giuridica di parte ricorrente (Cons. Stato, Sez. IV, 30 dicembre 2006, n. 8259; T.A.R. Toscana, Sez. III, 29 maggio 2007, n. 804; T.A.R. Toscana, Sez. II, 6 ottobre 2009, n. 1505) ossia hanno esercitato la potestà correlata alla posizione giuridica di cui si chiede tutela (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 24 febbraio 2011, n. 357; T.A.R. Molise, 8 febbraio 2008, n. 50). Le determinazioni assunte dalla conferenza di servizi decisoria rivestono natura endoprocedimentale con la conseguenza che l’atto finale della conferenza viene poi fatto proprio dall’Amministrazione procedente con l'adozione del provvedimento finale che ha valenza esoprocedimentale ed esterna ed è quello effettivamente va ad incidere sulla sfera giuridica degli interessati facendo sorgere l’’interesse all’impugnazione (Cons. Stato sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2378; id., 9 novembre 2010, n. 7981; id., 11 dicembre 2008, n. 5620; T.A.R. Toscana, sez. II, 13 gennaio 2011, n. 54).

(Nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato che il ricorso era stato notificato oltre che alla controinteressata, a tutte le Amministrazioni che hanno espresso in conferenza di servizi pareri o determinazioni che parte ricorrente avrebbe avuto l'onere di impugnare autonomamente, se fossero stati emanati al di fuori di tale peculiare modulo procedimentale).

L’art. 12, comma 4 bis, del d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 dispone che per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa e per impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto. Anche se l’espressione “disponibilità”, utilizzata dalla norma, non comporta necessariamente il riferimento al diritto di proprietà, è evidente che ad essa deve essere assegnato un significato giuridico che implichi la possibilità non precaria di uso del bene a mezzo di un titolo giuridico valido ed efficace.

(Nel caso di specie, il Collegio ha sottolineato che la società controinteressata non poteva vantare alcun titolo di natura reale o obbligatoria che fosse idoneo a legittimare il potere di disporre dell’area o la possibilità di utilizzarla in qualche modo che costituisce il presupposto per dare legittimamente luogo all’iniziativa).


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