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Fotovoltaico in zona agricola e bilanciamento di interessi

TAR de L'Aquila

Sono illegittimi gli atti amministrativi che vietano l’ubicazione, ad esempio, di impianti eolici in zone contermini ad aree ad uso industriale e produttivo ovvero in zone tout court classificate agricole dai vigenti piani urbanistici.
La previsione generale di compatibilità con la destinazione agricola non importa tuttavia la possibilità di indiscriminata localizzazione, dovendosi distinguere, nell’ambito delle generali destinazioni agricole, quelle per cui tale destinazione resta obbligata ed imprescindibile, in ragione piuttosto di peculiarità intrinseche del suolo che di scelte discrezionali dell’Amministrazione. Vale a dire che la destinazione agricola, che implica l’uso non trasformativo del territorio, potrebbe anche risultare l’unica effettivamente compatibile con il territorio medesimo, tenuto conto della contestuale rilevabilità di indici di particolare fragilità dell’area derivanti o dalla compresenza di vincoli di diversa origine e natura o, prescindendo ancora dalla imposizione di vincoli, dalla comunque peculiare conformazione o ubicazione dell’area de qua. La possibile utilizzazione del suolo agricolo per la localizzazione di impianti di energia rinnovabile non si sottrae a tale essenziale distinzione, principio in base al quale è stato pure affermato che le amministrazione comunali conservano comunque, a dispetto della sopra evidenziata generale previsione di localizzabilità in zona agricola, un certo potere discrezionale, teso a disciplinare, se del caso anche mediante atti regolamentari a carattere generale, la realizzazione degli impianti nel rispetto dei fondamentali valori della tradizione agroalimentare locale e del paesaggio rurale. Ove manchi l’atto regolamentare, la valutazione deve dunque essere effettuata nel caso concreto e ponderando con la dovuta attenzione (e completezza) gli elementi fattuali e giuridici rilevanti nella fattispecie.

(Nella fattispecie, il Collegio, nell’accogliere la prospettazione della ricorrente – volta a qualificare l’area interessata dalla realizzazione dell’impianto fotovoltaico come zona agricola di rilevante interesse economico e, quindi, incompatibile con la localizzazione dell’impianto in assenza di regolamentazione comunale che, contemperando i due diversi beni della vita tutela della produzione agricola di rilevante interesse economico e raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto, opti per una disciplina del proprio territorio che assegni ai due beni specifiche porzioni di aree, senza possibilità di reciproca interferenza – ha evidenziato che la stessa prospettazione di parte controinteressata implica che la localizzazione di un impianto produttivo (così come, del resto, di qualsiasi intervento edilizio) deve comunque essere espressione e risultato di un’operazione di bilanciamento di opposti, o comunque diversificati, interessi, da risolversi mediante l’esercizio in concreto della discrezionalità amministrativa che tali interessi ponderi e valuti. Tale discrezionalità può essere ben esercitata con l’emanazione ex ante di atti generali, di tipo regolamentare, che effettuino le valutazioni del caso in astratto e prima che si ponga l’esigenza di delibare la concreta localizzabilità di un impianto in una certa zona, alla stregua di criteri di autovincolo e limite della futura ed eventuale attività amministrativa. Laddove manchi, invece, la concreta interposizione dell’atto regolamentare, proprio il principio invocato dalla controinteressata (e cioè la necessità del bilanciamento degli interessi) esclude che possano essere, per converso, pretermessi o obliterati interessi diversi da quelli facenti capo alla richiedente l’intervento, ché ciò comporterebbe l’omessa valutazione di interessi comunque esistenti e soprattutto facenti capo a titolari diversi che tale lesione potrebbero far valere; e tale omessa valutazione, a prescindere ancora dall’esito concreto del procedimento, inficia sicuramente la determinazione assunta. Inoltre, il Collegio ha evidenziato che l’espressa previsione di esclusività dell’uso agricolo, sancita dalle NTA del PTP , esclude che la destinazione agricola impressa alla zona in questione costituisca espressione di pianificazione residuale generica di non trasformabilità in senso costruttivo della zona in questione, ma, al contrario, implica una positiva scelta di conservazione dell’effettivo utilizzo economico primario).

La trasformazione dei suoli confinanti arreca immediato danno ai proprietari di tali fondi, identificabile nella lesione dell’interesse all’ordinato sviluppo del territorio circostante conformemente alla legge ed agli atti che lo regolamentano, interesse che li abilita alla proposizione del ricorso avverso gli atti che eventualmente consentano tale trasformazione prospettata come indebita.

(Nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato che la situazione non era dissimile da ogni altra ipotesi nella quale il confinante deduca la lesione del proprio interesse urbanistico-edilizio leso, perfettamente azionabile in virtù del criterio della “vicinitas”, senz’altro applicabile nel caso di specie in ragione della predetta adiacenza dei fondi in questione. Nel caso di specie, inoltre, la posizione dei ricorrenti risultava munita di quei requisiti di qualificazione e differenziazione legittimanti la proposizione del ricorso, derivanti dal fatto che la realizzazione dell’impianto era, in concreto, prospettata come pregiudizievole per la stessa stabilità del sito).


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