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Corte di Cassazione - III Sez. penale- Sent. n. 969 del 15/12/2006- In tema di nuova definizione delle emissioni in atmosfera nel T.U. ambientale


Ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n. 203/1988, il reato contravvenzionale consistente nell’esercizio  di un impianto capace di emissioni nell’atmosfera, senza aver preventivamente presentato domanda di autorizzazione, era configurato come reato di mera condotta (o di pericolo), in quanto prescindeva dalla concreta produzione di un danno da inquinamento.

In seguito all’abrogazione di detta norma, operata dall’art. 280 del D. Lgs. n. 152/2006, è oggi diversamente disposto: l’art. 267, comma primo, del medesimo decreto legislativo definisce, infatti, “in modo più rigoroso e restrittivo il presupposto del reato”, identificandolo nella concreta attività di produzione delle emissioni da parte dell’impianto (e non nella sua generica idoneità a produrre emissioni).

 

 

 

Il presupposto del sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma primo, c.p.p., è il rapporto di pertinenzialità tra la cosa sequestranda ed il reato, tale che la libera disponibilità della cosa possa favorire la reiterazione del reato stesso. Tale pertinenzialità va intesa come strumentalità essenziale (non occasionale) e specifica (non meramente generica) rispetto al reato contestato, nel senso che si può sequestrare solo la cosa che costituisce il mezzo per realizzare la condotta tipica del reato.

(Nella specie, si è stabilito che, producendo i macchinari per la produzione di materiale derattizzante e disinfettante anche (ma non solo) rifiuti, essi non costituivano lo strumento essenziale e specifico per commettere il reato di stoccaggio abusivo di rifiuti, essendo il rapporto di strumentalità tra quei macchinari e lo stoccaggio “interrotto dalla specifica condotta criminosa del produttore”. Pertanto il provvedimento di dissequestro dei macchinari era da considerarsi legittimo). 

 

Sentenza



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