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Energia rinnovabile, poteri urbanistici e paesaggistici

TAR Palermo, 1775/2010

Alle disposizioni del Piano Energetico Ambientale Regionale Siciliano va riconosciuta natura formalmente amministrativa, ma sostanzialmente normativa, vale a dire natura regolamentare.

Ciò comporta che sul piano della gerarchia delle fonti, i contenuti normativi del piano de quo sono subordinati alle fonti del diritto di rango primario: tale profilo incide sul giudizio di validità dei contenuti disciplinari introdotti dal P.E.A.R.S. (cui pure si riferiscono alcune delle censure proposte nel presente giudizio).

Sul piano della successione temporale della disciplina dei procedimenti amministrativi afferenti la materia regolata dal piano, la qualificazione del piano stesso come ius superveniens rispetto alle istanze già presentate: tale profilo, invece, opera sul piano diacronico, delimitando l’efficacia temporale delle nuove prescrizioni secondo la regola scolpita dall’artt. 10 e 11 delle preleggi.

(Nella specie, il Collegio ha evidenziato che l’amministrazione regionale ha illegittimamente scrutinato le istanze di autorizzazione ex art. 12 del d. lgs. 387/2003, presentate prima della pubblicazione nella G.U.R.S. del 27 marzo 2009 del Piano impugnato, secondo le regole – procedimentali o sostanziali- portate da detto piano).

Dal combinato disposto dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e dell’art. 1 del D.P.R. 327/2001 discende che la qualificazione legale degli impianti di produzione di energia eolica implica un regime della disponibilità delle relative aree incompatibile con quello posto dal PEARS: più in particolare, il legislatore statale, imprimendo a tali impianti la qualificazione di “opere di pubblica utilità indifferibili ed urgenti”, ha inteso consentire la loro realizzazione anche oltre e al di là della limitazione costituita dalla attuale disponibilità dell’area in capo al richiedente l’autorizzazione, scindendo chiaramente i due profili.

(Nella specie, il Collegio ha sottolineato che la norma regionale ha invece posto l’uno quale condizione dell’altro, violando all’evidenza la regola posta dalla norma primaria di rango statale)

È la capacità della rete di trasmissione a dovere essere funzionale all’attività di produzione di energia, e non viceversa, non solo perché ciò risulta da un dato ontologico, ma soprattutto perché c’è un preciso limite che la norma pone ad un eventuale rifiuto del gestore, che può essere legittimamente connesso soltanto al rispetto delle regole tecniche, e delle condizioni tecnico-economiche fissate dall’Autorità di settore.

(Nella fattispecie, il Collegio ha messo in evidenza che la disposizione impugnata, nel fare riferimento alla valutazione operata dal gestore circa la compatibilità della capacità ricettiva della rete rispetto alla energia prodotta dall’impianto autorizzando, ha introdotto un ulteriore limite – peraltro generico: potendo un eventuale giudizio di incompatibilità fra le variabili suddette essere legato alle più svariate circostanze – all’esercizio di un’attività che invece la normativa comunitaria, e quella statale che l’ha attuata, vogliono espressamente essere liberalizzata).

Il rinvio alle modalità procedimentali stabilite dalla legge n. 241 del 1990, di cui all’art. 12, c. 4 del d.lgs. n. 387/2003, evidentemente anche in punto di legittimazione alla partecipazione al procedimento, esclude che possa introdursi con norma regolamentare una deroga che consenta la partecipazione di amministrazioni non titolari di competenze in relazione all’affare da deliberare.

(Nella specie, il Collegio ha sottolineato che è illegittima la norma del PEARS, nella parte in cui implica la partecipazione alla conferenza di servizi della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali, e la valutazione solo in quella sede della esistenza o meno di un titolo che ne giustifica l’intervento).



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