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Acque reflue industriali e attività di parcheggio: assimilazione?

TAR di Napoli, n. 1479/11

Nelle situazioni che riguardano pericoli per la salute pubblica, sovente si fa ricorso ad ordinanze contingibili ed urgenti adottate dal Sindaco quale Ufficiale di Governo al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, per la cui esecuzione è anche possibile richiedere al Prefetto l’assistenza della forza pubblica; detto potere di urgenza può essere esercitato solo per affrontare situazioni di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico in presenza di un preventivo accertamento della situazione che deve fondarsi su prove concrete e non su mere presunzioni, anche se l’obiettivo può essere di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini.

(Nella specie, il Collegio ha censurato l’operato del Comune resistente nella misura in cui esso ha ritenuto, sia pure implicitamente, che le acque di dilavamento dei piazzali adibiti a parcheggio fossero assimilabili agli scarichi industriali, specificando che la Deliberazione della Giunta regionale n. 1350/2008 – la quale ha adottato il disciplinare afferente gli scarichi di categorie produttive assimilabili che, per singole categorie produttive, venivano cosi di seguito assimilati: “(…) Acque di dilavamento piazzali adibiti a parcheggio. Industriali” – è stata annullata con sentenza 19675/08), che allo stato non risulta appellata, della Prima Sezione del TAR Campania).

La definizione di acque reflue industriali si caratterizza, ai sensi dell’art. 74, lett. h) del D.Lgs. n. 152 del 2006, per la sua connotazione negativa, essendo così definito qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento; il criterio generale adottato dal Legislatore per individuare le acque industriali è, dunque, quello afferente alla qualità del refluo, tant’è che, in applicazione del citato criterio sostanziale, sono individuate dall'art. 101, comma 7, del D.Lgs. alcune tipologie di acque assimilate quelle domestiche ai fini della disciplina degli scarichi. Costituiscono "acque reflue industriali", ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. h) del D.Lgs. n. 152 del 2006, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 4 del 2008, "qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento". L’art. 124 del D. Lgs. 152/06 contiene una previsione di ampio respiro per quanto concerne le ulteriori prescrizioni tecniche opponibili all'autorizzazione allo scarico al fine di garantire che lo scarico, comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del D.Lgs. n.152/2006.

(Nel caso di specie, il collegio annullato il provvedimento impugnato perché l’affermazione – in base alla quale il parcheggio per auto veniva definito un’attività il cui scarico è considerato industriale – non si fonda su alcun dato normativo esplicitamente richiamato e tale circostanza, da sola, è sufficiente per l’annullamento dell’atto in quanto non consente alla parte di esplicare appieno il diritto di difesa costituzionalmente garantito, atteso che non viene fornita alcun altra ricostruzione della natura di scarico industriale delle acque di dilavamento dei parcheggi).


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