Il programma di ricerca di idrocarburi in mare mediante l’utilizzo della tecnica denominata«airgun», scorporato in piu`
lotti anche al solo fine di soddisfare esigenze di snellezza procedimentale dell’impresa, viola il concetto di «impatto
ambientale» di cui all’art. 5, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 152/2006, in quanto impedisce una valutazione complessiva
delle criticità ambientali derivanti dall’attività di prospezione e ricerca di idrocarburi. Se da un lato l’organo
preposto a compiere la valutazione di impatto ambientale ha il preciso dovere di operarne la reductio ad unitatem,
dall’altro l’imprenditore e` tenuto ad un contegno di leale cooperazione con la P.A., evitando di smembrare un unico
programma di ricerca in piu` segmenti al fine di minimizzare le ricadute sull’ambiente.
Il programma di ricerca di idrocarburi in mare mediante l’utilizzo della tecnica denominata «airgun», sebbene scorporato
in più lotti e caratterizzato dall’utilizzo di una sola nave al fine di mitigare l’impatto ambientale, è incompatibile con
il «principio di precauzione» di cui all’art. 3 ter del D.Lgs. n. 152/2006. Dal «principio di precauzione» deriva l’esigenza
di un’azione ambientale tesa alla salvaguardia dell’ecosistema in funzione preventiva, anche quando non sussistono
evidenze scientifiche conclamate che illustrino la certa riconducibilità di un effetto devastante per l’ambiente ad una
determinata causa umana. Poiché allo stato attuale delle conoscenze appare sussistere anche una probabilità minima
di collegare il fenomeno dello spiaggiamento dei cetacei sulle coste pugliesi all’utilizzo della tecnica «airgun», la
ricerca deve seguire metodiche meno invasive a tutela dell’ambiente.