La direttiva 2008/99/CE del parlamento e del Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell'ambiente è finalizzata ad istituire misure collegate al diritto penale allo scopo di tutelare l'ambiente in modo più efficace.
Al riguardo, si vuole sottolineare in via preliminare come si ritenga che la tutela dell'ambiente, in ragione ella peculiarità e complessità della materia (o, per meglio dire, dell'oggetto di tutela), richieda l'utilizzo di una molteplicità di strumenti giuridici: da quelli propri del diritto amministrativo, ad istituti di diritto civile (in particolare, la responsabilità civile) o al tipico sistema sanzionatorio penale; dagli strumenti di natura cogente (come evidente, numerosi e variegati) al ricorso a quelli volontari e negoziali, sino al cosiddetto soft law.
L'esigenza di una seria politica di protezione dell'ambiente, difatti, non può essere soddisfatta dalla mera fissazione di limiti soglia, con conseguente sanzione amministrativa in caso di superamento dei medesimi.
I principi generali di tutela ambientale (precauzione; azione preventiva; correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente; principio del chi inquina paga), al fine di essere attuati nella loro pienezza, richiedono invece anche l'utilizzo di altri strumenti. In primo luogo, come accennato, risultano a tale scopo utili quelli civilistici (si fa riferimento, in particolare, all'istituto della responsabilità civile da fatto illecito o extracontrattuale) i quali, come noto, in attuazione del principio di precauzione, sono caratterizzati, per quanto concerne la tematica ambientale, dalla particolarità di avere come finalità prioritaria il ripristino dello stato dei luoghi, piuttosto che il mero risarcimento; ancora - e ne è esempio la direttiva in parola - risulta utile il ricorso al diritto penale, il cui utilizzo rende palese, allo stesso tempo, la difficoltà e l'importanza di rispondere all'esigenza di perseguire un elevato livello di tutela ambientale.