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Il Governo regionale pugliese ha adottato la legge n. 29 per disciplinare (rectius: limitare fortemente) l’ingresso nel territorio di rifiuti speciali (pericolosi e non) prodotti in altre regioni italiane o all’estero.
La legge giunge dopo le tante polemiche riguardanti il conferimento di grandi quantità di rifiuti speciali di produzione campana (soprattutto frazione secca proveniente dalla prima lavorazione dei rifiuti urbani), tanto che alcuni amministratori locali avevano battezzato la Puglia come “la pattumiera d’Italia”.
Al di là delle espressioni utilizzate, resta una legge dichiarata urgente (e dunque entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione sul BURP) che, apparentemente limitata al solo smaltimento (!?) prevede un meccanismo di ingresso in Puglia condizionato al previo ottenimento di una attestazione rilasciata dall’Autorità competente circa l’inesistenza di impianti appropriati alla gestione dei rifiuti oggetto del conferimento nel territorio più vicino al luogo di produzione.
Sotto le mentite spoglie di una disciplina che vorrebbe tendere all’attuazione del principio di prossimità, la legge (della cui legittimità costituzionale è fin troppo facile dubitare) introduce un farraginoso sistema di indagine e di accertamento sull’esistenza e sull’operatività degli impianti più prossimi al luogo di produzione che ben si presterà a facili contestazioni di rilievo penale e, nello stesso tempo, rischia di agevolare, di fatto lo smaltimento abusivo.
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