Lo studio di impatto ambientale integra il progetto definitivo e deve contenere i dati sui “principali impatti sull’ambiente” provocati dalla realizzazione e gestione dell’impianto, l’analisi degli “impatti negativi rilevanti” e le misure previste per il monitoraggio, in particolare descrivendo “le componenti dell’ambiente” su cui il progetto può avere impatto importante, in riferimento, per i probabili impatti rilevanti “alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua…”, considerati tali impatti in quanto “diretti ed eventualmente indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi”.
In sostanza, il SIA deve avere un notevole grado di completezza e articolazione, in quanto integrante la fase progettuale definitiva e, soprattutto, perché volto ad individuare gli effetti ambientali del progetto, inclusi i possibili effetti “cumulativi”, con la specificazione sopra vista, conseguibile soltanto con una “prima valutazione” degli effetti stessi che non può che spettare a chi propone l’opera, ne indica i contenuti e ne assume con ciò la conoscenza dei potenziali effetti ambientali, attivando una dialettica procedimentale nel cui ambito dovrà poi l’Amministrazione assumere, a sua volta, la responsabilità di valutare quanto le è stato prospettato.
(Nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato non può dirsi dunque che la sola citazione dell’esistenza della discarica comunale e la sintetica valutazione di non interferenza ambientale dell’impianto progettato, esposte nel SIA, siano risultate - pur nella precisazione degli interventi tecnici ritenuti idonei per la protezione dello stoccaggio- sufficienti a sostituire la valutazione degli impatti cumulativi tra le due discariche che, anche nel quadro di una “prima” valutazione, sarebbero stati tali soltanto se esplicitati nella loro interazione.
Di conseguenza, rispetto alla mutata situazione relativa all’inquinamento della falda, l’Amministrazione ha ritenuto di dover avviare un rinnovato procedimento di VIA, dovendosi tutelare da ogni pericolo il fondamentale e primario diritto alla salute che, in quanto tale, prevale nella ponderazione con gli altri interessi, né può essere affievolito per il solo trascorrere del tempo dall’adozione di inadeguati provvedimenti iniziali, rapportati ad un diverso quadro di rischi).
È vero che, a seguito del d.lgs. n. 128 del 2010 (entrato in vigore dopo i provvedimenti impugnati), si è giunti ad una nuova formulazione del d.lgs. n. 152 del 2006, in particolare dell’art. 10, volta al massimo coordinamento delle due procedure, ma è altrettanto vero che è restata ferma la loro diversità di funzione, specificata in particolare nelle lettere b) e c) dell’art. 4, comma 4, del detto decreto legislativo, in quanto orientate la VIA alla verifica del progetto e la AIA alla verifica dell’attività riguardo a particolari impianti “salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale” (specificità altresì indicata nel comma 13 dell’art. 6, che prevede la AIA per gli impianti di cui all’allegato VIII, nonché nel comma 2 dello stesso art. 10 in cui, nel momento in cui si prevede il coordinamento delle due procedure, contestualmente si presuppone la permanenza della loro distinzione).
(Nel caso di specie, la VIA era stata originariamente assentita sul progetto, sicché la carenza rispetto a questo della valutazione degli effetti ambientali cumulativi, possibili per la compresenza delle discariche, ha assunto rilievo ulteriore nel quadro dei rischi di aggravato inquinamento della falda idrica; è perciò sul progetto che deve essere di conseguenza rinnovata la valutazione, con la VIA).