Il procedimento di bonifica si svolge attraverso un complesso iter procedimentale caratterizzato da fasi ben definite e collocate in sequenza propedeutica l’una (quella precedente) rispetto all’altra (quella successiva).
In particolare alle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza segue l’elaborazione e l’approvazione del piano di caratterizzazione nonché l’avvio della procedura di analisi del rischio.
All’esito di tali adempimenti viene redatto e approvato il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, delle ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale. All’approvazione del progetto segue, infine, la relativa fase esecutiva.
Risulta quindi evidente che il procedimento entra in stallo se non viene conclusa una fase dello stesso propedeutica all’avvio della fase successiva.
(Nel caso specifico, il Collegio ha rilevato come l’avvio dei lavori di bonifica (richiesti dal Comune ricorrente) presupponeva il completamento della fase precedente di relativa progettazione, che la Conferenza di servizi decisoria demandava alla stessa PA che, tuttavia, non solo non vi ha provveduto, ma non ha neanche impugnato le prescrizione ritenuto lesiva).
Se continua a persistere una situazione di pericolo immediato derivante dall’accumulo di rifiuti, allora la rimozione di tale cumulo rientra anch’esso nelle attività di messa in sicurezza di emergenza dell’arenile in attesa della bonifica (previa redazione del progetto e relativa approvazione).
Del resto appare logico immaginare che rimuovere dal suolo rifiuti contaminati non significhi bonificare definitivamente un sito, ma solo eliminare la fonte di possibile aggravio della contaminazione in attesa delle opere definitive.