Il differimento di ulteriori novanta giorni del termine di scadenza della delega (5.12.2010) è preordinato alla tutela delle prerogative del Parlamento, nel senso che le competenti commissioni –cui lo schema di d.lgs. va sottoposto ai fini dell’emissione del parere– devono poter fruire dell’intero periodo individuato dalla legge (nella specie, quaranta giorni) per la valutazione dell’atto governativo.
(Nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato che lo schema di D.Lgs è stato inoltrato alle Camere il 3.12.2012, a delega ancora aperta, con conseguente produzione dell’effetto di proroga della scadenza, e che in contrario non rileva la mancata acquisizione (entro il 5.12) del parere della Conferenza unificata, alla luce dell’avvenuto raggiungimento dello scopo avuto di mira dalla norma in argomento, ossia di consentire al Parlamento di esprimersi compiutamente sull’affare).
L’art. 17, comma 1, l. n. 96 del 2010 (delega al recepimento della direttiva n. 2009/28/CE) non contiene riferimenti espliciti al sostegno degli investimenti privati, ma indica, più in generale, che il perseguimento degli obiettivi statali relativi al settore in questione debba avvenire, come stabilito dalla lett. a), attraverso la promozione così dell’efficienza energetica come dell’utilizzo delle fonti rinnovabili. Una duplice modalità di intervento, dunque, che consente di ritenere come il legislatore delegante abbia inteso rimettere al delegato le valutazioni sulla migliore combinazione delle due finalità.
In questa prospettiva, la successiva lett. h), che prescrive l’adeguamento e il potenziamento del sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili, anche mediante l’abrogazione totale o parziale delle vigenti disposizioni in materia, permette certamente di rimodulare il sistema incentivante (che rimane comunque in essere). D’altronde, l’indicazione del “potenziamento” di detto sistema non può che essere letta nel quadro più ampio di cui si è appena dato conto e alla luce delle finalità del complessivo intervento normativo (in altri termini, un eventuale mancato esercizio della delega, in linea teorica sempre possibile, ferma la responsabilità politica della scelta, potrebbe addirittura connotarsi con profili di doverosità se ritenuto in linea con le finalità stesse alla luce dei mutamenti della situazione di fatto nel frattempo intervenuti).
La nuova disciplina dettata dal Quarto conto non ha efficacia retroattiva, proponendosi di regolamentare l’accesso ai relativi incentivi soltanto rispetto agli impianti che ancora non fruiscano di alcuna agevolazione. L’ammissione al regime di sostegno sortisce infatti non già dal possesso del titolo amministrativo idoneo alla realizzazione dell’impianto (titolo che pure costituisce un requisito essenziale a questo fine), ma dall’entrata in esercizio dell’impianto medesimo, vale a dire dalla sua effettiva realizzazione e messa in opera.
Se si considerano le peculiarità delle misure volte alla promozione, per finalità di carattere generale, di uno specifico settore economico attraverso la destinazione di risorse pubbliche, va riconosciuto come vi sia un momento nel quale l’aspettativa del privato a fruire degli auspicati benefici economici si consolida e acquisisce consistenza giuridica. Tale momento non può che essere individuato sulla base di elementi dotati di apprezzabile certezza, pena l’indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione di possibili discriminazioni.
In questa prospettiva, sembra che l’individuazione di un discrimine ancorato alla data di entrata in esercizio dell’impianto trovi adeguata giustificazione nelle caratteristiche del sistema incentivante in esame, fondato sulla distinzione tra la fase di predisposizione dell’intervento impiantistico e quella (decisamente complessa) di sua messa in opera. Ed è a questo secondo momento (l’entrata in esercizio, appunto) che occorre rivolgere l’attenzione ai fini dell’individuazione del fatto costitutivo del diritto alla percezione dei benefici, ciò che si spiega alla luce della generale finalità del regime di sostegno (produzione di energia da fonte rinnovabile) e dell’esigenza, a tale scopo strumentale, che le iniziative imprenditoriali si traducano in azioni concrete ed effettive.
(Nella fattispecie, il Collegio ha “riportato la controversia entro i confini che le sono propri”, venendo in esame la posizione di soggetti che con l’iniziativa giudiziaria hanno inteso tutelare, più che l’interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto effetti giuridicamente rilevanti, scelte imprenditoriali effettuate in un momento nel quale le stesse, a loro giudizio, si presentavano come in grado di generare flussi reddituali positivi).