Il formale utilizzo degli strumenti urbanistico-edilizi e il dichiarato intento di esercitare competenze in materia di governo del territorio non possono giustificare l’imposizione di misure che, attraverso divieti generalizzati di installazione delle stazioni radio base, di fatto vengono a costituire indiretta deroga ai limiti di esposizione alle onde elettromagnetiche indicati dalla normativa statale, con la precisazione che l’autorizzazione rilasciata ex art. 87 d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, non costituisce titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a quello richiesto dalla disciplina urbanistico-edilizia, ma assorbe in sé e sintetizza ogni relativa valutazione.
Sono illegittime le prescrizioni comunali di piano e di regolamento che si traducono in limiti alla localizzazione e allo sviluppo della rete per intere zone, per di più con scelta generale ed astratta ed in assenza di giustificazioni afferenti alla specifica tipologia dei luoghi o alla presenza di siti che per destinazioni d’uso possano essere qualificati come sensibili.
(Nella specie, il Collegio ha evidenziato l’illegittimità della precizioni del piano e di regolamento di un comune campano, muovendo dalla nozione di rete di telecomunicazione che, per definizione, richiede una distribuzione capillare nei diversi punti del territorio. Tale nozione, specifica il Consiglio di Stato, ha poi condotto all’assimilazione in via normativa delle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, poste al servizio dell’insediamento abitativo di cui devono seguire lo sviluppo, con conseguente compatibilità dell’installazione di tali manufatti con qualunque destinazione di zona).
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