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Evoluzione diacronica della normativa sulle acque demaniali. Interpretazioni giurisprudenziali

Cassazione

Secondo la normativa di cui alla l.n. 36/04 e del D.Lgs n. 152/06 appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee o le acque superficiali anche raccolte in invasi o cisterne, e tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo. Tali definizioni non fanno più riferimento alle caratteristiche delle acque pubbliche, di cui al RD n. 1775/33, non richiedendosi più che esse, per la loro portata o per l’ampiezza del loro bacino imbrifero, abbiano o acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse. Occorre, però, considerare che la nuova normativa prevede anche che le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà: qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale (art. 144, comma 2, del TUA e, negli stessi termini, art. 1, commi 1 e 2, della L. n. 36/94). E proprio sotto il profilo di tale tutela ambientale gli artt. 76 e 77 del medesimo TUA introducono dei limiti in relazione alla capacità dei corpi idrici e quindi alla significatività degli stessi (vale a dire, l’attitudine ad usi di pubblico generale interesse).
Se una considerazione letterale degli artt. 1 e 34 della L. 36/94 potrebbe indurre ad una conclusione drastica, secondo cui tutte le acque hanno natura pubblica), la lettura dell’intero dettato normativo consente di rilevare come non sia stato modificato il dettato del RD n. 1775/33,mantenendo in realtà fermo il concetto secondo cui l’attitudine delle acque ad usi di pubblico generale interesse è elemento indefettibile a conferire la natura di acque pubbliche ad ogni specie di acqua. Una diversa interpretazione porterebbe all’assurdo di dover considerare pubblica anche l’acqua piovana raccolta in un avvallamento del terreno, attesa la omnicomprensività della dizione di cui alla L. n. 36/94.

(Nella fattispecie, il Collegio ha annullato il provvedimento impugnato – con il quale il Tribunale di Firenze aveva accolto una richiesta di riesame, annullando il provvedimento con il quale il GIP aveva disposto il sequestro di un immobile, disposto perché realizzato in area di assoluta in edificabilità, rappresentata dalla fascia di rispetto di 10 metri del fosso Gamberaia, corso d’acqua demaniale, sulla base della considerazione che il fosso de quo non avesse più le caratteristiche di un corso d’acqua naturale – evidenziando come il PM, che pur proponeva n’interpretazione rigorosamente formale delle nuove norme, aveva finito col sostenere l’illegittimità del provvedimento impugnato,per richiamare le caratteristiche del fosso, che ne facevano a tutti gli effetti un corso d’acqua).


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