Un tema delicato al centro di numerose sentenze emesse
dalla suprema Corte in questi ultimi mesi e` quello
della responsabilità dei soggetti inseriti a vario titolo nel
ciclo dei rifiuti.
In una di queste decisioni (Cass. 10 aprile 2012, n.
13363, Brambilla) si afferma testualmente che
«ai sensi dell’art. 178 del D.Lgs. n. 152 del 2006 la
gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse,
il cui svolgimento richiede la cooperazione e
la responsabilizzazione di tutti i soggetti che se ne
occupano. Emerge dall’esame degli artt. 188, 193 e
ss. del D.Lgs n. 152 del 2006 che tutti i soggetti che
intervengono nel circuito della gestione dei rifiuti sono
responsabili non solo della regolarità delle operazioni
da essi stessi posti in essere, ma anche di quelle
dei soggetti che precedono o seguono il loro intervento
mediante l’accertamento della conformità dei
rifiuti a quanto dichiarato dal produttore o dal trasportatore,
sia pure tramite la verifica della regolarità degli
appositi formulari, nonché la verifica del possesso
delle prescritte autorizzazioni da parte del soggetto
al quale i rifiuti sono conferiti per il successivo smaltimento».
Questa presa di posizione è largamente condivisibile.
Tuttavia, per evitare equivoci e applicazioni acritiche del
principio formulato, è bene approfondire alcuni aspetti
rilevanti del problema.
Prima di inoltrarci in questa analisi, è opportuno dare
conto della fattispecie oggetto della sentenza Brambilla,
anche per apprezzare l’aderenza dell’affermazione teorica
svolta dalla Corte rispetto al caso concreto.