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Requisiti acustici passivi degli edifici

Corte Cost., sentenza 29 maggio 2013, n. 103

Il divieto di retroattività della legge, previsto dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, pur costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 Cost., e il legislatore, nel rispetto di tale previsione, può emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale”, ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). La norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica, quindi, non può dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario. In tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire “situazioni di oggettiva incertezza dal dato normativo”, in ragione di “un dibattito giurisprudenziale irrisolto”, o di “ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore”, a tutela della certezza del diritto e dell’eguaglianza dei cittadini, cioè di principi di preminente interesse costituzionale. Restano fatti salvi i limiti seguenti: il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario.

Nella specie, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 15, comma 1, lettera c), della Legge comunitaria n. 96/2010, definito dal legislatore di interpretazione autentica, sostitutivo dell’art. 11, comma 5, della Legge n. 88/2009, che aveva escluso l’applicabilità dei valori limite dei requisiti acustici degli edifici nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi successivamente all’entrata in vigore della medesima legge, in attesa del riordino della materia. La norma predetta, cosiddetta di interpretazione autentica, è stata dichiarata illegittima poiché aveva retroattivamente e illegittimamente esteso l’impossibilità di configurare una responsabilità in capo ai venditori-costruttori di immobili per il mancato rispetto dei valori di isolamento acustico di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 1997 attuativo della legge 447/1995 e, quindi, anche ai rapporti instauratisi precedentemente all’entrata in vigore dell’art. 11, comma 5, L. 88/2009, avendo introdotto la clausola di salvezza delle sentenze passate in giudicato. La Corte ha dichiarato, infatti, che non si trattava di norma di interpretazione autentica, ma di modifica retroattiva; il comma 5 dell’art. 11 della Legge n. 88/09 cit. sottraeva la disciplina dei rapporti tra privati e costruttori soltanto per il futuro, mentre l’art. 15 della L. n. 96/2010 operava retroattivamente, considerando inapplicabile la disciplina dei requisiti acustici passivi degli edifici, di cui alla Legge n. 447/1995 e D.P.C.M. 1997, anche ai rapporti sorti in data anteriore all’entrata in vigore dell’art. 11, comma 5, lettera c) Legge 88/2009 con la salvezza del giudicato, formatosi in data anteriore alla disposizione interpretativa, annullata dalla Corte.



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