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Corte di Cassazione - III Sez. pen.- Sent. n. 2902 del 26/10/06 – 26/01/07. Sui residui delle attività di demolizione: le condizioni per l’esclusione


-          I residui delle attività di demolizioni edili costituiscono rifiuti speciali ai sensi dell’art. 7, comma terzo, lett. b), D. Lgs. n. 22/1997. Essi, tuttavia, ai sensi dell’art. 14, comma secondo, lett. a) del D.L. n. 138/2002 convertito nella legge n. 178/2002, non sono considerati rifiuti qualora siano effettivamente riutilizzati nel medesimo, in analogo o in diverso ciclo produttivo senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all’ambiente (e sempre che abbiano i caratteri della omogeneità, vi sia certezza in ordine all’individuazione del produttore o del detentore, alla provenienza dei materiali, alla sede ove sono destinati ed al riutilizzo dei medesimi). La “mancanza di pregiudizio per l’ambiente”, richiesta dall’art. 14 cit.,  non deve essere provata, nel caso di residui di demolizioni, necessariamente ed esclusivamente con l’effettuazione, da parte dell’interessato, del c.d. test di cessione, previsto dall’art. 9 del  D.M. 5 febbraio 1998.

Non esiste, infatti, alcuna disposizione in base alla quale affermare che esista una presunzione assoluta di sussistenza di pregiudizio all’ambiente, in caso di mancata effettuazione del test e la prova della mancanza di pregiudizio per l’ambiente, richiesta come condizione necessaria dall’art. 14 cit. per escludere la qualificazione del materiale da demolizioni come rifiuto, può essere data con qualsiasi mezzo e, quindi, anche per presunzioni (ad es. omogeneità del materiale, mancanza di sostanze estranee e diverse ecc.). Le presunzioni potranno essere, naturalmente, superate con la prova contraria dell’esistenza del pregiudizio.

 

-          Confermano questa ricostruzione sia la formulazione dell’art. 6, comma primo, lett. h) del D. Lgs. n. 22/1997, ai sensi del quale per “recupero” si devono intendere le operazioni previste nell’allegato C, sia la previsione, più precisa, contenuta nell’art. 183, comma primo, lett. h) del D. Lgs. n. 152/2006, in base a cui per recupero si intendono “le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici incluse la cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto”.

 

(Nella specie la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza emessa dal Tribunale di Brescia che aveva disposto la condanna, ai sensi dell’art. 51, comma primo, lett. a) e dell’art. 2 del D. Lgs. n. 22/1997, del legale rappresentante di una Srl per aver smaltito, mediante interramento, in un’area destinata alla realizzazione di serre, circa 200 mc di materiale proveniente dalla demolizione del muro di recinzione della ditta e per aver effettuato la livellazione e la copertura di detto materiale con terre di scavo e materiale stabilizzato e trattato. Il reato era stato ritenuto sussistente perché, secondo il Giudice, solo la preventiva “prova di cessione”, prevista dal D.M. 5 febbraio 1998, avrebbe consentito di ritenere che non vi fosse pregiudizio per l’ambiente e dato che l’imputato non aveva fornito la prova dell’inesistenza del medesimo pregiudizio posta a suo carico).

 

Sentenza



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