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TAR Sicilia, Catania, Sez. II, Sent. n. 1254 del 20/07/2007


Ai sensi dell’art. 14 ter, c. 6, della L. n. 15/2005 (che ha modificato la L. n. 241/1990), le determinazioni - assunte in Conferenza dei Servizi - che siano in sé vincolanti ed autoesecutive, sono immediatamente impugnabili.

Ciò non esclude che esse debbano essere recepite nel provvedimento finale dall’Amministrazione responsabile del procedimento, avendo quest’ultima la facoltà di disattenderne, in tutto o in parte, il contenuto.

Tale provvedimento finale ha valenza costitutiva, in quanto sostituisce le precedenti (già esecutive) determinazioni adottate in Conferenza dei Servizi, e ne rinnova il contenuto, facendo perciò decorrere ex novo i termini per l’esecuzione degli obblighi imposti.

Da ciò consegue l’onere, in capo ai destinatari, di riproporre un nuovo gravame contro tale provvedimento, a pena di acquiescenza e la conseguente inammissibilità dei ricorsi proposti contro le determinazioni della Conferenza dei Servizi.

 

 

 

Le prescrizioni, adottate nelle Conferenze dei Servizi convocate per determinare le modalità degli interventi di bonifica di un sito di interesse nazionale, non possiedono una valenza generale tale da attribuire loro natura di atti di indirizzo politico, nonostante la loro incidenza sui livelli produttivi e di occupazione dell’area coinvolta.

Si tratta, infatti, di atti amministrativi gestionali, come tali di competenza del Direttore Generale e non del Ministro.

 

 

L’applicabilità della normativa contenuta nel D. Lgs. n. 152/2006 – ius superveniens – incontra il solo limite della intangibilità delle situazioni giuridiche già definite. In particolare, ai sensi dell’art. 264, lett. i), che ha abrogato la previgente disciplina (D. Lgs. n. 22/1997), sono fatti salvi solo i procedimenti che si siano conclusi con una autorizzazione espressa degli interventi di bonifica, mentre si applicheranno le norme del T.U.A. ai procedimenti che, pur culminati in Conferenze di Servizi, non si siano tradotti in alcun atto finale avente efficacia esterna.

 

 

Il modello di responsabilità ambientale, vigente nel nostro ordinamento, rientra nell’alveo della responsabilità di tipo aquiliano, di tipo soggettivo. Ciò risulta confermato dall’accoglimento espresso, nel D. Lgs. n. 152/2006, del principio “chi inquina paga”.

Da ciò derivano numerose conseguenze in punto di diritto: innanzitutto, l’onere, in capo alla P.A. - in qualità di parte attrice - di accertare e provare la responsabilità dell’inquinamento donde l’illegittimità dell’accollo indifferenziato delle attività e degli oneri di bonifica di un sito contaminato sui produttori che su di esso operano, senza il previo accertamento, con procedimento partecipato, delle relative responsabilità.

Consegue, poi, che i costi di risanamento, in caso di c.d. “inquinamento diffuso”, siano a carico della stessa Amministrazione e che il proprietario incolpevole risponda, ove la P.A. abbia provveduto alla bonifica,  secondo quanto previsto dalla disciplina dell’azione di ingiustificato arricchimento, ex art. 2041 c.c., vale a dire previa prova dell’arricchimento – sia nell’an che nel quantum  e nei limiti della stessa – e comunque entro il limite del valore dell’immobile bonificato.

 

 

Nel procedimento amministrativo di bonifica deve essere compiuto ogni sforzo per identificare il responsabile dell’abuso e per ottenere da esso il ripristino e/o il pagamento del relativo costo e di tale accertamento deve esistere nel provvedimento congrua illustrazione e corrispondente obbligo di motivazione.

 

 

Il proprietario dell’immobile contaminato deve essere coinvolto nel procedimento di accertamento dei fattori di inquinamento oltre le soglie e della relativa quantità, quale che possa essere  il titolo della responsabilità - principale o sussidiaria - che grava sul medesimo.

 

 

Si esclude che possa ritenersi sussistente, a carico del proprietario, qualsiasi forma di “responsabilità da posizione”, la quale non può configurarsi – surrettiziamente - neppure facendo riferimento ai vantaggi connessi all’esercizio dell’impresa.

In materia di sanzioni amministrative, l’art. 3, c 1, della L. n. 689/1981, esclude qualsiasi forma di responsabilità oggettiva, e pertanto, quest’ultimo regime non può essere invocato neppure nell’ipotesi in cui si intendesse sottolineare l’aspetto sanzionatorio, superando la natura di risarcimento in forma specifica degli obblighi di bonifica.

 

L’imputazione della responsabilità a titolo di colpa o dolo risulta, peraltro, confermata dalla formulazione adottata nell’art. 311, c. 2, del D. Lgs. n. 152/2006, nella quale il legislatore ha operato una scelta a favore della riconduzione della responsabilità per inquinamento nell’alveo della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c..

 

La disciplina – speciale – sul danno ambientale esclude che possa applicarsi la generale disciplina codicistica di cui agli artt. 2050 c.c. (responsabilità per esercizio di attività pericolose) e 2051 c.c. (responsabilità per danni da cose in custodia), disposizioni che, peraltro, operano soltanto nel campo dei rapporti tra soggetti privati e considerato, altresì, che l’indicata normativa si qualifica come disciplina speciale esaustiva dell’illecito ambientale e che pertanto esclude la concorrente applicazione della disciplina generale di codice civile.

 

 

Nel campo della tutela ambientale, sussistono profili di discrezionalità tecnica e profili di discrezionalità amministrativa, tra i quali non deve verificarsi commistione.

La (prima) fase, in cui dominano le valutazioni di natura scientifica, costituita dall’istruttoria tecnica sui progetti di bonifica,  è condotta dagli enti cui la legge affida tali compiti (ANPA, ARPA ed Istituto Superiore della Sanità, ex art. 15 D. M. 471/1999) e in essa il Ministero dell’ambiente non può interloquire attraverso la prescrizione di modifiche tecniche ai progetti presentati.

 

 

Ai sensi dell’art. 240 del D. Lgs. n. 152/206, la M.I.S.E. può essere disposta solo in caso di eventi di contaminazione improvvisi e non in caso di contaminazione di carattere storico.

L’obiettivo perseguito dall’istituto della M.I.S.E. è di mero contenimento della fonte di inquinamento della matrice ambientale ed in questo si distingue dall’istituto della bonifica che mira, invece, al reale recupero del tessuto ambientale compromesso, attraverso interventi ben più complessi, radicali e strutturati.

 



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