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Cassazione Penale, n. 9492/09 in materia di omessa bonifica


I fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue non sono sottoposti alla disciplina sulle acque ai sensi del D.Lgs. n. 192 del 1999, art. 48, ma a quella sui rifiuti di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997.

 

In tema di gestione dei rifiuti, la nuova disposizione di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 257, in materia di bonifica dei siti, è meno grave della previgente disposizione di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51 bis, atteso che viene ridotta l’area dell’illecito ed attenuato il trattamento sanzionatorio. Infatti mentre precedentemente l’evento poteva consistere nell’inquinamento del sito o nel pericolo concreto ed attuale di inquinamento, l’art. 257 configura il solo evento di danno dell’inquinamento; inoltre per aversi inquinamento è ora necessario il superamento della Concentrazione Soglia di Rischio (CSR): che è un livello di rischio superiore ai livelli delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC); infine la sanzione penale è ora prevista con pena pecuniaria o detentiva alternativa, diversamente dalla precedente disposizione che prevedeva la pena congiunta".

Ne consegue che, per la riformulazione della fattispecie criminosa, il caso in esame va valutato alla stregua della nuova disciplina secondo il principio di stretta legalità che non consente un’interpretazione estensiva delle norme (ancorchè basata sulle esigenze di tutela della salute e dell’ambiente, come ritenuto nella sentenza impugnata) tale da comportare effetti in malam partem nei confronti dei singoli.

 

(Nella specie, la Suprema Corte ha osservato che i giudici di merito non hanno accertato, ai sensi del citato art. 257, che ha riformulato il Decreto n. 22 del 1997, art. 51 bis, ai fini della consumazione del reato, il superamento delle concentrazioni soglie di rischio (CSR) che costituisce parametro di natura diversa dal ed. limite di accettabilità di cui al D.M. 25 ottobre 1999, n. 471, nè hanno considerato che l’obbligo di bonifica deve, ora, essere correlato a un inquinamento provocato col superamento delle suddette concentrazioni.

In altri termini, specifica la Cassazione, i predetti hanno accertato l’evento di pericolo (cioè il rischio concreto e attuale di superamento dei predetti limiti di accettabilità) e non quello di danno (superamento degli stessi limiti di accettabilità) del reato ipotizzato, senza ritenere il reato d’inquinamento e di omessa bonifica del sito alla luce della più favorevole normativa sopravvenuta, mancando qualsiasi verifica dell’evento inquinamento richiesto come elemento essenziale della nuova figura criminosa. Per tali motivi, hanno annullato la sentenza impugnata senza rinvio).

 

Sentenza



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