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Responsabilità del mero proprietario incolpevole dell'inquinamento

TAR Firenze, n. 594/10

La disciplina di cui agli artt. 240 ss del Testo Unico Ambientale – al pari di quella previgente – è ispirata al principio secondo cui l’obbligo di adottare le misure, tanto urgenti che definitive, idonee a fronteggiare una situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa, a titolo di dolo o colpa: l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere, invece, addossato al proprietario incolpevole, ove manchi ogni responsabilità dello stesso

La P.A. non può, pertanto, imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento.

L’enunciato è conforme al principio “chi inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. art. 174, ex art. 130/R, del Trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.

Il principio “chi inquina, paga” vale altresì per le misure di messa in sicurezza di emergenza, in quanto anche queste ultime è addossata dalla normativa in discorso al soggetto responsabile dell’inquinamento.


(Nella specie, il Collegio, nell’accogliere il ricorso di una società, mera proprietaria di un sito da bonificare, ma non responsabile dell’inquinamento, ha sottolineato che a carico del proprietario dell’area inquinata, che non sia altresì qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi in parola, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area interessata libera da pesi.

Nella specie, inoltre, il Collegio ha sottolineato che la P.A. non aveva proceduto ad alcuna verifica della sussistenza, in capo alla ricorrente, del requisito della responsabilità colpevole)


Nei procedimenti in materia di bonifica ambientale, è necessario che la P.A. consenta ai soggetti destinatari delle prescrizioni dettate dalla stessa P.A. di partecipare al relativo procedimento, quantomeno, con riguardo alle fasi procedimentali in cui emerge l’esistenza di una contaminazione del terreno e della falda acquifera nell’area in esame e che poi sfociano nelle determinazioni assunte dalla Conferenza di Servizi decisoria. È evidente, infatti, che l’onerosità degli obblighi imposti agli interessati impone di instaurare con questi ultimi un ampio contraddittorio. Del resto, è pacifica in giurisprudenza l’affermazione che l’attività istruttoria del procedimento di bonifica deve prevedere la partecipazione del soggetto interessato; in particolare, gli accertamenti analitici vanno eseguiti in contraddittorio.


(Nella specie, il Collegio ha evidenziato che, a tale affermazione, non si può ribattere sostenendo che lo stato di contaminazione dei suoli forma oggetto di un accertamento tecnico, avente natura di attività vincolata, per il quale, quindi, non sono invocabili i principi in tema di giusto procedimento di cui alla l. n. 241/1990; e neppure che incombe sulla ricorrente fornire un principio di prova per far ritenere che i rilevamenti effettuati dalla P.A. non siano stati corretti; o ancora, che trattandosi dell’imposizione di misure di messa in sicurezza di emergenza, vi sarebbero esigenze di celerità del procedimento, tali da giustificare, ai sensi dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della l. n. 241/1990, l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento e di tutta la fase della partecipazione al procedimento stesso).

 

La conferenza di servizi è solo un modulo procedimentale e non costituisce anche un ufficio speciale della P.A. autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, limitandosi la conferenza a facilitare il coordinamento tra le singole P.A. interessate.

Pertanto, il provvedimento finale deve imputarsi alla P.A. che lo adotta e, nel caso di conferenza decisoria, alle P.A. che, attraverso la stessa, esprimono la loro volontà provvedimentale: dunque, la legittimazione passiva in sede processuale spetta soltanto alle P.A. che abbiano adottato il provvedimento rilevante all’esterno

Questo orientamento si rivela tanto più condivisibile dopo le modifiche apportate dalla l. n. 15/2005, in base alle quali, all’esito della conferenza di servizi, è necessario un atto conclusivo dell’Amministrazione procedente e, per questa, del dirigente competente. In tale ottica, sono stati, quindi, potenziati ruolo e responsabilità dell’Amministrazione procedente, cui si attribuisce la determinazione finale, previa valutazione delle specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede



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