L’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, prevede la possibilità che i Comuni adottino un regolamento c.d. di minimizzazione finalizzato a garantire il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
Le previsioni dei regolamenti c.d. di minimizzazione possono ritenersi legittime solo qualora finalizzate al perseguimento delle finalità indicate dalla norma e non anche quando tendono a scopi differenti.
Sulla base di tale criterio viene ammesso, ad esempio, che vengano introdotte regole finalizzate, per quanto riguarda il profilo urbanistico, a tutelare zone e beni di particolare pregio paesaggistico/ambientale o storico/artistico ovvero, con riferimento alla minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici, alla individuazione di siti particolari e determinati, i quali, per destinazione d’uso e qualità degli utenti, possono essere considerati particolarmente sensibili alle immissioni radioelettriche. Antitetica è, invece, la valutazione relativamente a quelle previsioni, che si sostanziano in "limitazioni alla localizzazione" degli impianti di telefonia mobile relativamente ad intere ed estese porzioni del territorio comunale, senza che sia ravvisabile una plausibile ragione giustificativa.
Il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure che nella sostanza costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato (ad es., il divieto generalizzato di installare stazioni radio-base per telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino).
Tali disposizioni sono, infatti, funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, da introdursi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute.
(Nella fattispecie in esame, il Collegio ha sottolineato che il Comune aveva approvato una previsione regolamentare con la quale aveva vietato la installazione di stazioni radio base ad una distanza inferiore a metri 250 dal perimetro degli edifici ritenuti “sensibili” ovverosia scuole, ospedali e case di cura. Tale previsione va ritenuta illegittima, in quanto tende a disciplinare non profili urbanistici rientranti nella competenza dell’ente locale, ma a tutelare la salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti dalla esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, esorbitando, come tale, dall’ambito normativamente riservato ai c.d. regolamenti di minimizzazione).