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Fotovoltaico, DIA e vincoli paesaggistici

TAR di Lecce, n. 1944/10

In sede di esame del contenuto della autorizzazione paesistica e prima della conclusione del procedimento, il Ministero può motivatamente valutare se la gestione del vincolo avviene con un atto legittimo, rispettoso di tutti tali principi, e annullare l'autorizzazione che risulti illegittima sotto qualsiasi profilo di eccesso di potere (senza il bisogno di ricorrere in sede giurisdizionale e ancor prima della modifica dei luoghi), ma non può sovrapporre le proprie eventuali difformi valutazioni sulla modifica dell'area, se l'autorizzazione non risulti viziata”. Il provvedimento statale di annullamento della autorizzazione paesistica deve dunque basarsi sulla esistenza di circostanze di fatto o di elementi specifici (da esporre nella motivazione), che non siano stati esaminati dall'autorità che ha emanato l'autorizzazione ovvero che siano stati da essa irrazionalmente valutati, in contrasto con i fondamentali principi sulla legittimità dell'azione amministrativa.

(Nella specie, il Collegio ha sottolineato che il provvedimento comunale, nella autorizzazione paesaggistica rilasciata in prima battuta, si era limitata ad autorizzare l’intervento “in conformità del parere e del progetto sopra indicato”, ovverosia con un difetto di motivazione (in quanto del tutto assente) ma anche con difetto di istruttoria, avendo omesso l’amministrazione comunale qualsivoglia valutazione in ordine a circostanze specifiche ed elementi concreti in base ai quali l’intervento richiesto sarebbe stato compatibile con i valori paesaggistici dell’area interessata).

Ai fini della valutazione positiva circa il rispetto dei valori paesaggistici, non è sufficiente una relazione elaborata a tal fine dal tecnico progettista che fa capo al soggetto che richiede l’intervento, poiché si tratterebbe di una asseverazione tecnica che è richiesta – peraltro quale condizione essenziale di efficacia – per gli interventi (di minore impatto) sottoposti a denunzia di inizio attività. Uno schema del genere è stato da sempre ricusato dal legislatore, il quale, stante l’estrema importanza da accordare alla tutela dei beni paesaggistici, ha costantemente prescritto per tali tipologie di procedimenti il meccanismo dell’autorizzazione “espressa” della P.A.

(Nella specie, il Collegio ha sottolineato che qualora si accedesse alla tesi contraria, verrebbe meno uno dei pilastri della c.d. “compartecipazione necessaria”, la quale richiede giocoforza non solo una valutazione – di legittimità, peraltro – da parte della amministrazione statale, ma ancora più a monte – ed in una posizione di particolare delicatezza, essendo l’unico dei due soggetti del procedimento che si può esprimere in termini di “merito” sull’intervento richiesto – una valutazione espressa e soprattutto autonoma, rispetto alle pur legittime valutazioni


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