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Impianti a biomassa di carattere cogenerativo

TAR di Torino, n. 219/11

La valutazione del progetto in sede di conferenza di servizi correttamente non deve considerare solo ed in via unilaterale la promozione dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile, avulsa da ogni altro aspetto: nella conferenza di servizi, infatti, le amministrazioni procedenti si devono necessariamente far carico, in un’ottica di bilancio ambientale positivo, che figura prioritariamente tra gli obiettivi della stessa normativa comunitaria invocata in ricorso, della complessiva compatibilità dell’opera con plurime esigenze quali ad esempio quelle di tutela della qualità dell’aria. Ciò tanto più là dove l’area liberamente prescelta dall’interessato ricade in zona caratterizzata da valori al limite rispetto agli obiettivi di qualità dell’aria fissati proprio dall’Unione Europea (di qualità dell’aria si occupano le direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69 CE, 2002/3/CE e, da ultimo, 2008/50/CE).

(Nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato che non è corretto ridurre le contestazioni mosse dalle competenti amministrazioni in relazione al mancato rispetto della legge Regione Piemonte 43/2000, concernente la salvaguardia della qualità dell’aria, ad una sorta di “improprio” ostacolo normativo all’implementazione delle fonti di energia rinnovabile. La direttiva 77/2001 sottolinea che “il sostegno dato alle fonti energetiche rinnovabili dovrebbe essere compatibile con gli altri obiettivi comunitari…” tra i quali figura la qualità dell’aria. Non è neanche corretto paragonare, come fatto dalla ricorrente con la memoria di replica, le sole emissioni proprie della centrale in progetto con i valori di emissione prescritti per singolo impianto, là dove la contestazione attiene anche all’equilibrio generale di una determinata zona in relazione ai complessivi parametri di garanzia della qualità dell’aria. Il raffronto in tal senso risulta logicamente scorretto poiché tali ultimi parametri hanno ad oggetto la qualità globale dell’aria di una certa area sulla quale le emissioni del singolo impianto – ancorchè legittime ove singolarmente considerate in relazione all’impianto – possono incidere negativamente; evidentemente questi ulteriori vincoli creano una maggiore rigidità tuttavia fisiologica là dove la libera scelta imprenditoriale della ricorrente cada su un’area che, nel complesso, presenta particolari caratteristiche e su una specifica zona che, allo stato, non consente l’uso cogenerativo, il quale a sua volta più facilmente garantirebbe un riequilibrio ecologico finale effettivamente positivo).

La scelta amministrativa di privilegiare sistemi di produzione di energia da biomassa di carattere cogenerativo è una soluzione che risponde al criterio generale di incentivare le strutture più efficienti: ciò non è arbitrario e neppure eccentrico rispetto alla disciplina comunitaria, poiché tende a privilegiare quegli impianti che garantiscono un maggior rendimento energetico unitamente ad un minor impatto ambientale.

(Nella specie, l’impatto inquinante dell’impianto è stato valutato in relazione al tasso di sfruttamento del combustibile impiegato, poiché un basso sfruttamento ovviamente comporta che le emissioni, anche se teoricamente più basse di altri impianti, debbano essere rapportate ad una altrettanto bassa produzione energetica, con conseguente impatto ambientale complessivo proporzionalmente sfavorevole)


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