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Fotovoltaico, eolico e poteri dei Comuni

TAR di Catanzaro, n. 805/11

L'energia prodotta da impianti eolici e fotovoltaici è ascrivibile al novero delle “fonti energetiche rinnovabili”, come si evince dalla lettura dell'art. 2 della direttiva n. 2001/77/CE e dell'art. 12 del D. L. n. 387 del 2003, che enunciano i princìpi fondamentali in materia (Corte Cost., sent. 9.11.2006 n. 364), rilevanti ai sensi dell’art. 117, comma 3° , Cost. ("produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia"). L'utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità, e le opere relative sono dichiarate indifferibili ed urgenti, anche in considerazione del fatto che la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso la ricerca, la promozione, lo sviluppo e la maggior utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente costituisce un impegno internazionale assunto dall'Italia con la sottoscrizione del cosiddetto “Protocollo di Kyoto” dell'11 dicembre 1997.

La realizzazione e gestione di impianti eolici rientra tra le attività di impresa liberalizzate, che, a scopo di semplificazione burocratica ed in ossequio ai principi comunitari, viene sottoposta, previa conferenza di servizi, ad un’autorizzazione unica, che costituisce anche titolo per la costruzione dell'impianto, e, quindi, è anche sostitutiva del permesso di costruire, poiché il Comune può far valere il proprio interesse, ambientale ed urbanistico, ad una corretta localizzazione urbanistica del parco eolico e alla sua conformità edilizia, nell'ambito della suddetta conferenza di servizi. La cosiddetta "moratoria eolica” si pone anche in contrasto con i principi stabiliti dalla disciplina comunitaria, che ha individuato, tra gli obiettivi che gli Stati membri sono chiamati a conseguire, quello di "ridurre gli ostacoli normativi all'aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili", quello di "razionalizzare e accelerare le procedure all'opportuno livello amministrativo", quello di "garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili" nonché con lo spirito di “favor” per gli impianti di tale tipologia, che traspare, da tutta la precitata normativa comunitaria ed internazionale.

La previsione di un termine massimo di centottanta giorni per la conclusione del procedimento unico, volto al rilascio di un'autorizzazione unica, costituisce un principio fondamentale della materia, in quanto ispirata alle regole della semplificazione e della celerità amministrativa: sono pertanto illegittime i provvedimenti regionali con cui si proroga la sospensione del rilascio dei titoli autorizzatori (con il conseguente superamento di tale termine massimo) e la sospensione della realizzazione degli impianti autorizzati.

E’ contraria al "libero mercato" ed alla libera circolazione di servizi la disciplina regionale che definisce requisiti ingiustificati per i soggetti legittimati ad ottenere parte della potenza autorizzabile, definendo una preferenza per il partenariato calabrese ed imponendo di indirizzare una parte degli investimenti nel territorio regionale.

Sono illegittime le prescrizioni con le quali leggi regionali, nelle more di approvazione del PEAR e della ripartizione tra regioni della produzione di energia, individuano senza alcun criterio limiti massimi autorizzabili di potenza di energia da fonti rinnovabili entro l'anno 2009, pregiudicando l'iniziativa economica del relativo settore, nonché il raggiungimento dell'obiettivo dell'incremento della produzione di tale energia perseguito dallo Stato.

(Nella specie, il Collegio ha evidenziato che la società ricorrente aveva presentato istanza di Autorizzazione Unica, ai sensi dell’art. 12 della D.lgs. 387/2003 e s.m.., corredata della prescritta documentazione, ai sensi della vigente normativa di cui alla legge regionale 29/12/2008 n. 42, per l’approvazione del relativo progetto, dopo aver ottenuto il necessario preventivo di connessione alla rete di trasmissione nazionale, dopo aver costituito, come previsto dal legislatore regionale, una società di scopo con sede nella Regione Calabria. Non essendo validamente in contestazione tale dato, il Collegio ha convenuto che il termine di 180 giorni per provvedere, previsto dall’art. 12, comma 4°, del Decreto Legislativo 29.12.2003 n. 387, nel caso di specie, fosse scaduto. Inoltre, le “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, invocate dalla difesa della Regione Calabria, sono state adottate con il D.M. 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2010, n. 219: in sostanza, nessuna interferenza, poteva assumere, nel procedimento di che trattasi, “ratione temporis”, la sopravvenuta normativa. Per questi motivi, il Collegio ha ritenuto non condivisibile l’operato della Regione Calabria, poiché in contrasto con il principio fondamentale del D.L.vo n. 383/2003, che esige la conclusione del procedimento entro il termine definito di 180 giorni dalla presentazione della relativa istanza di Autorizzazione Unica, in coerenza con le regole della semplificazione amministrativa e della celerità, in modo uniforme sull'intero territorio nazionale).


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