L’esercizio di attività di impresa richiede normalmente una ripartizione di compiti e delle relative responsabilità tra coloro che collaborano con l’imprenditore, in virtù di attribuzioni preventivamente conferite; nelle società di capitali la responsabilità penale per l’inosservanza e la violazione di norme ambientali non può essere fatta risalire alle persone (amministratori, consigliere o amministratore delegato) preposte ai vertici dell’organizzazione, della gestione e dell’amministrazione dell’impresa poiché solo ove tale ripartizione manchi, gli amministratori non possono esonerarsi dalla responsabilità penali, assumendo di non svolgere mansioni tecniche in seno alla società.
(Nella specie, il P.M. aveva impugnato una sentenza di assoluzione perché “il fatto non sussiste”, emessa in favore di tre imputati, due coamministratori di una società ed il presidente del consiglio di amministrazione della stessa, accusati del reato di inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 29-quattuordecies del T.U.A. in ambito di gestione di rifiuti. La Corte, tenuto conto della circostanza che il fatto, nella sua materialità era stato riconosciuto come sussistente - essendo stata emessa sentenza di condanna in capo ad un amministratore, dotato di delega di funzioni in materia ambientale - ha emendato l’errore di diritto commesso dal Giudice di merito, confermando l’assoluzione con la diversa formula “per non aver commesso il fatto”).
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