Ai sensi dell’art. 5 c. 1, lett. b) del D. Lgs. n. 152/2006, per "progetto" deve intendersi "la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo": l’elemento determinante e qualificante, ai fini dell'individuazione dell'oggetto del giudizio di compatibilità, è costituito dalle informazioni fornite dal proponente in ordine alla "ubicazione e concezione" dell'intervento, nonché "alle sue dimensioni e ad altre sue caratteristiche pertinenti" (ex art. 22, comma 3, lett. a) TUA): ciò significa che il tratto unificante degli interventi previsti è l'identità del contesto, in relazione al quale deve essere condotto l'esame degli impatti ambientali e quindi l'identità, quantomeno, del quadro di riferimento programmatico ed ambientale.
In nessuna parte della relativa disciplina viene dato rilievo - ai fini del giudizio di compatibilità - alla "sostenibilità economico - finanziaria" del progetto presentato.
La nozione di “progetto” di derivazione unionale (art. 1, c. 2 della Dir. 2011/92/UE) e nazionale significa semplicemente che un progetto può essere caratterizzato da una pluralità di lavori, impianti od opere, ma non che - ai fini dell'individuazione dell'oggetto della valutazione ambientale - rilevi anche un mero collegamento economico-finanziario tra gli interventi proposti, indipendentemente dalla loro ubicazione e connessione, strutturale, tecnica e funzionale. Siffatta "reductio ad unitatem" è in grado di eludere l'applicazione della normativa sulla valutazione di impatto ambientale in senso esattamente speculare al caso del frazionamento artificioso di opere unitarie, poiché snatura la valutazione del carico ambientale sopportabile dal sito, nel cui ambito gli interventi sono localizzati.
(Nella fattispecie alcuni Comuni avevano impugnato una Delibera di Giunta regionale riguardante un'unica procedura di VIA relativa a due interventi, tipologicamente distinti: un ampliamento di impianto di smaltimento per rifiuti, da un lato, la bonifica di un sito inquinato, dall'altro, solo parzialmente collegati dal punto di vista tecnico funzionale, poiché il progetto di discarica prevedeva il conferimento di 300.000 metri cubi di rifiuti, di cui soltanto 25.500 provenienti dalla bonifica della Cava, nonché distanti tra loro 14 Km in linea d'aria.
La Regione si era pronunciata sulla base di un parere - reso dalla Commissione regionale V.I.A. - che aveva espresso il giudizio favorevole di compatibilità ambientale sul progetto per l'ampliamento dell'impianto di smaltimento D1 per rifiuti non pericolosi e contestuale progetto di bonifica della cava, con conseguente autorizzazione sia alla realizzazione del suddetto ampliamento della discarica (con innalzamento della quota massima finale della stessa da 50 a 58 metri), sia alla contestuale bonifica della ex cava, nonché autorizzazione alla modifica A.I.A. vigente per l'impianto di smaltimento dei rifiuti.
I Giudici hanno convenuto con gli appellanti che vi fosse stato uno sviamento dalla causa tipica della VIA, la cui funzione è di esprimere un giudizio sulla "compatibilità " di un progetto, valutando il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita e non quella di operare valutazioni di merito comparativo tra interventi localizzati in aree diverse (nonché soggetti a discipline e procedimenti distinti) e collegati esclusivamente da un vincolo di natura economico - finanziaria.
La centralità di tale aspetto, nel caso in esame, è stato rinvenuto nell'atipica valutazione, operata dalla Commissione VIA, in ordine al bilancio economico dell'ampliamento della discarica, che era stato operato non in funzione dell'effettivo fabbisogno di smaltimento - quale riveniente dal Piano regionale di Gestione dei Rifiuti - bensì al fine di assicurare un reddito tale da consentire al proponente, oltre alla copertura dei costi della bonifica, anche un congruo utile di impresa).
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