Secondo orientamento consolidato, con specifico riferimento all'installazione di pannelli fotovoltaici, in ambiti sottoposti a vincolo paesaggistico, le motivazioni dell'eventuale diniego (seppur parziale) di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile devono essere particolarmente stringenti, non potendo ritenersi sufficiente che l'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica. Il giudizio di compatibilità paesaggistica, invero, non può limitarsi a rilevare l'oggettività del novum sul paesaggio preesistente, posto che in tal modo ogni nuova opera - in quanto corpo estraneo rispetto al preesistente quadro paesaggistico - sarebbe di per sé non autorizzabile, dovendo, invece, operare una severa comparazione tra gli interessi coinvolti (ivi compreso quello paesaggistico) alla realizzazione ed al mantenimento di un impianto di energia elettrica da fonte rinnovabile. Tale comparazione, nei casi in cui l'opera progettata o realizzata dal privato abbia un’espressa qualificazione legale in termini di opera di pubblica utilità (soggetta - fra l'altro - a finanziamenti agevolati, a pena di decadenza in caso di mancato rispetto di tempi) non può ridursi all'esame dell'ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi, ma impone una valutazione più analitica, in quanto la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici (conf.: CdS Sez. VI sent. n. 3696/2020; CdS Sez. VI sent. n. 1201/2016).
(Nella fattispecie, il ricorrente – interessato ad ottenere il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia, contemplante la demolizione e la fedele ricostruzione di un edificio esistente, a fini di adeguamento sismico e di riqualificazione energetica - aveva presentato un’istanza di autorizzazione paesaggistica “in variante”, all’esito del rilascio del titolo edilizio, conformato al parere vincolante della locale Soprintendenza paesaggistica, parere che aveva prescritto una diversa collocazione per i pannelli fotovoltaici (a terra o su strutture pertinenziali basse). Nella nuova istanza di autorizzazione paesaggistica “in variante”, il privato aveva rappresentato che, essendo il lotto di proprietà di ridotte dimensioni e non essendo previste strutture pertinenziali basse, risultava impossibile individuare una zona di collocazione dei pannelli diversa dalla copertura ed aveva proposto la disposizione dei pannelli solo su una falda e/o la riduzione del loro numero e/o la modifica del colore. Il successivo parere della Soprintendenza paesaggistica imponeva che l’impianto fotovoltaico non venisse realizzato, in quanto avrebbe interferito con la percezione delle coperture tradizionali in laterizio, costituenti cifra caratterizzante e predominante del contesto tutelato. Il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica finale “in variante” aveva poi recepito tale prescrizione vincolante della Soprintendenza, relativa all’istallazione dei pannelli. Il ricorrente aveva, dunque, impugnato il provvedimento finale, nonché il presupposto parere della Soprintendenza, deducendo l’omesso preavviso di diniego ex art. 7 e 10 bis L. 241/1990 e la violazione e falsa applicazione degli art. 143 e ss D. Lgs. 42/2004 e D. Lgs. 387/2003, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, erroneità della motivazione e dei presupposti, illogicità e disparità di trattamento).
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